giovedì 10 ottobre 2013

Il capitano dei sogni






Nota: Alla fine della storia ci sono delle precisazioni importanti. Per favore leggetele, dopo il racconto.
Quanto alle parole in latino (mostrami chi devo aiutare), vi dico subito che ho chiesto in casa, perchè non ne so un'acca... Sperando si siano ricordati bene...
Grazie e buona lettura! =)


Patricia

«Monstra mihi qui auxiliare debeo» feci la mia richiesta, concentrata. All'istante mi apparve il viso di una ragazza molto bella. Sbirciai, aprendo leggermente un occhio per guardare la mia osservatrice.
«Resta concentrata» mi disse severa.
Erin era incaricata di controllare che agissi per il meglio, visto il piccolo disastro dell'ultima volta... Ero un'elfa della luce, incaricata di fare del bene. Poco tempo prima, però, tentai di aiutare direttamente con la mia magia, senza consultare il Grande Libro e il mio ciondolo e per poco non feci inavvertitamente del male ad altre due persone. In effetti non avevo ancora preso pieno controllo dei miei poteri, dovevo imparare a gestirli con l'aiuto di quegli oggetti e questa era la mia occasione sia per imparare che per fare ammenda riguardo al passato.
Il ciondolo si illuminò e si aprì il libro, su cui apparvero le informazioni che mi servivano nelle pagine apparentemente tutte in bianco. Isabella era il nome, le piaceva lettura e lavorava in quel campo. Non era ancora riuscita a trovare l'amore, però, e questo la bloccava, in un certo senso. Non le permetteva di essere se stessa fino in fondo. Bene, era la mia passione lavorare su certe questioni! La mia missione aveva inizio.

Bella

«Bella è arrivato un nuovo manoscritto da esaminare. L'autore ha chiesto espressamente che fossi tu a leggere» mi informò la mia collega Angela, entrando nel mio ufficio. Con la sua gentilezza e disponibilità aveva subito conquistato la mia simpatia. In seguito, lavorando fianco a fianco, era diventata praticamente la mia migliore amica. All'inizio sembrava timida e leggermente impacciata, ma era solo un'impressione data dalla sua dolcezza. Angela era solare, decisa e grintosa. E un'ottima amica.
Io non potevo certo lamentarmi: ero riuscita a entrare nello staff di una delle case editrici più grosse tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna: la Random House. Pubblicavano in tutto il mondo e molti scrittori erano stati scoperti proprio da loro. Avevo un ufficio moderno, ma accogliente e avevo messo un vasetto di girasoli di stoffa vicino al mio pc, perchè mi mettevano allegria.
Fin da bambina avevo sempre amato i libri, mi facevano sognare ad occhi aperti. Alla Random leggevo i manoscritti che arrivavano, anche di scrittori già famosi. Li correggevo negli eventuali errori di battitura e se l'opera era di una persona non nota, ero anche incaricata di sottoporlo all'attenzione dei capi qualora ne avessi visto del potenziale. Il mio era un ruolo importante, dunque, e ne andavo fierissima. I miei superiori erano contenti di me e mi stimavano molto. Mi sentivo veramente realizzata.
Per Angela, però, non era proprio così: insisteva col dirmi che avrei dovuto trovarmi un uomo per essere "completa davvero". Non che non avessi avuto le mie storie, ma non duravano mai più di qualche mese. Forse stavo ancora aspettando la persona giusta, chissà?
«Oh, davvero? Qualcuno che conosco, per caso?» chiesi curiosa.
«No, non che io sappia. Qui c'è scritto Patricia Reese» mi disse, allungandomi il plico di fogli.
«No... non conosco nessuno con questo nome. Mi chiedo come faccia a sapere di me. Dopo tutto non sono certo famosa.»
«Non so proprio che dirti » si strinse nelle spalle di nuovo.
«Va bhe. Ne approfitto intanto che sei qui: ho appena finito di correggere questo. Mandalo pure su» le risposi, mentre le consegnavo i fogli. Storsi un pò il naso, avrei voluto poter leggere il nuovo racconto entro la giornata, visto che non sembrava molto lungo, ma non ce l'avrei fatta. Mancava solo un'oretta alla fine dell'orario.
«Dì che questo me lo porto a casa. Oggi non riuscirei a finirlo in tempo »
«Ma dai Bella! Lo sai che i capi non ti fanno mai troppa fretta. Non rinchiuderti ancora in casa per leggere. Vieni fuori con noi, dai! » cercò di incoraggiarmi. Lei e il suo ragazzo, più un paio di altri nostri amici, si organizzavano sempre per il venerdi sera. Di solito andavo anch'io, ma a volte non c'era niente da fare. Quando si trattava di leggere, mi perdevo in un mondo tutto mio, o almeno in quello descritto dalla storia, se era coinvolgente. Avevo in mano quelle pagine da circa un minuto e avevo sentito la voce della mia amica e collega, ma non ci badai più di tanto e le risposi quasi a monosillabi.
Angela se ne andò, ben conscia che quando mi comportavo così ero entrata in modalità "mondo cartaceo e non distraetemi".
Il manoscritto era scorrevole e mi stava intrigando già dalle prime righe. Il titolo era "Dream's Captain". Chissà come faceva a conoscermi, questa Patricia?
Contunuai a leggere e si fece ben presto l'ora di uscire, ma avrei avuto tutto il week end per poter leggere attentamente questo racconto.
Uscii salutando i miei colleghi e mi avviai verso casa sotto i fiocchi di neve che scendevano, dondolando lenti e fitti. La città era decorata per le festività e sembrava tutto così allegro e accogliente da avere un'aria “calda”. A differenza della temperatura davvero bassa e io non vedevo l'ora di mangiare qualcosa che mi scaldasse. Soprattutto, mi scoprii a pensare, di continuare la mia lettura. Non sapevo bene come mai, ma quel manoscritto non "mi prendeva" soltanto nella lettura, aveva qualcosa di speciale che mi spingeva a leggere senza poterne fare a meno. Così, durante la mia passeggiata di ritorno, presi fuori il racconto dalla mia borsa, curiosa di scoprire come continuasse.
Leggevo, persa nelle parole dell'autrice, quando improvvisamente andai a sbattere contro qualcuno.
Alzai gli occhi e vidi una bella donna, alta e slanciata, dalla carnagione un pò scura, occhi leggermente a mandorla e lunghi capelli lisci e corvini.
«Mi scusi tanto. Sono proprio sbadata... » le dissi.
«Non si preoccupi. Le piace ciò che sta leggendo? » mi chiese sorridente
Guardai i fogli che avevo in mano e che per fortuna non mi erano caduti.
«Si.. si, è molto bello » dissi con un certo imbarazzo « mi scusi ancora e buona serata » le sorrisi e me ne andai. Mi parve di sentirla dire qualcosa tipo "l'avventura sarà la tua vita", ma non ne ero sicura. Magari avevo sentito male.
Arrivai a casa, doccia velocissima, sottoveste nera preferita, camicia da notte e mi fiondai nel mio lettone, sotto la coperta imbottita, tazza di cioccolata calda sul comodino e continuai a leggere.
Era quasi il tramonto, il cielo stava già assumendo quelle tonalità dal rosso al dorato, al rosa. La fanciulla si svegliò su una barca, spaesata, senza capire come si fosse ritrovata lì. Era una barchetta piccola, forse la scialuppa di qualche nave. Che avesse battuto la testa e non si ricordasse più niente? Eppure non aveva questa sensazione. Il mare era abbastanza mosso, ma guardandosi intorno, vide che non si trovava troppo lontano dalla terraferma. Guardò intorno a sè ancora una volta, cercando qualche cosa che potesse utilizzare come remo, ma non trovò nulla. Non sapendo che altro fare, si mise a "remare" con le braccia.
Improvvisamente il vento iniziò a soffiare più forte e la ragazza iniziava ad essere stanca. Arrivò un'onda grossa e la piccola imbarcazione si rovesciò, facendo finire in acqua la sua "ospite".
Aprii gli occhi e mi trovai inzuppata da capo a piedi su una riva sconosciuta.
Rimasi spiazzata, sgranando gli occhi. Ma stavo forse sognando? Che diavolo di posto era? Come ci ero finita lì? Mi alzai un pò a fatica, piuttosto infreddolita.
Mi incamminai non sapendo dove andare, cosa fare. Ero completamente persa. Speravo, almeno, di trovare qualcuno che mi potesse aiutare.
Camminai per un bel pò, finche arrivai in una città. Ormai stava facendo buio e il freddo aumentava. Chissà dove mi trovavo? Gli edifici sembravano nuovi, ma dallo stile decisamente antico. Ero stanchissima, non ne potevo più di camminare e stavo quasi per arrendermi e sedermi, quando mi trovai tra un gruppo di case, di fronte ad un porta che si aprì improvvisamente.
Ne uscì una ragazza che mi guardò con un misto di incredulità e curiosità, poi sembrò riprendersi.
«E tu chi sei? Che cavolo indossi? E' forse una nuova moda? Se sei venuta qui per rubarmi la piazza, ti avverto che la cosa non mi piace per niente. Questa zona è mia » dichiarò la sconosciuta con tono seccato.
Mi guardai un istante e mi resi conto che avevo addosso la sottoveste con cui mi ero messa nel letto e chissà perchè, senza camicia da notte sopra. Guardai spaesata la ragazza e le risposi.
«Ehm.. io n...non so d...di che parli. Credo... di e...essermi presa,... piuttosto. Tu sai dove siamo? » chiesi, timorosa, balbettando per il freddo.
«Eh? Ma hai preso una botta in testa? Siamo a Londra, che domande » come se fosse stato ovvio. Non riconoscevo quella parte della città e per me Londra era come la mia mano. «Comunque vieni dentro, prima di ammalarti. Tremi come una foglia e sei tutta bagnata » aggiunse.
«G...grazie »
Mi fece entrare e mi asciugai con un panno i capelli, seduta di fronte al fuoco. Mi offrì un pò di tè caldo, poi indicò un separè vicino al letto e mi disse che potevo cambiarmi li dietro.
«Ecco qua. Io sono Victoria. » disse dopo avermi dato l'abito, color vinaccia, e presentandosi.
«Io sono Isabella » risposi da dietro il separè.
«Oh, almeno il tuo nome lo sai »
«Quindi siamo proprio a Londra? ... » poi vidi alcuni passanti dalla finestra, vestiti secondo lo stile della donna con cui stavo parlando e mi sorse un dubbio « Ma... che giorno è oggi, voglio dire.. la data? »
«Oh mio dio... » esclamò questa con fare esasperato « sei proprio messa male, vero? Oggi è il 1° settembre. Ti dice niente? »
Sgranai gli occhi... non era possibile! Fino a un pò di tempo fa ero nel mio letto intenta a leggere e poi era dicembre, c'era la neve, eravamo vicini a Natale...
«Dimmi che mi stai prendendo in giro... non posso essere nel passato! E' uno scherzo, vero? Una candid camera... » pigolai disperata e speranzonsa, insieme.
«Senti carina... non so di che camera parli, è forse un posto per divertimenti? E comunque non sono qui per prendere in giro proprio nessuno » dichiarò seria.
Oddio. Stavo sognando. Evidentemente ero addormentata e tutto questo stava capitando solamente nella mia testa. Decisi che sogno o no (era veramente molto reale!) avevo bisogno dell'aiuto di questa ragazza.
«Ma... in che anno siamo, esattamente? » chiesi, un pò esitante
«Nel 1666. Certo che la botta devi averla data proprio forte! » esclamò
Era davvero pazzesco. Ero finita sul serio nel passato? E se era così, come avrei fatto a tornare indietro?
«Ti prego, aiutami, credo di essermi persa... » le chiesi, quasi in crisi di pianto, uscendo da dietro al separè. Ero disperata. Se era vero quello che mi aveva detto questa sconosciuta, avrei mai più rivisto i miei amici? E il mio lavoro che adoravo?
«Ok. Siccome sono buona, ho deciso: vieni con me. Ti farò da guida, ci stai? » si offrì gentilmente, ma con un'occhiata che sembrava valutarmi. Ma no, forse era solo la mia impressione, dopotutto aveva davanti una ragazza che doveva apparirle strana.
«Ti ringrazio per l'aiuto. Sei davvero gentile »
Uscimmo nella notte, ma dopo pochi metri fummo avvicinate da un uomo.
«Hey, signorine » salutò squadrando Victoria « vi andrebbe di divertirci insieme? »
«Ma certo, caro » rispose Victoria con tono mieloso. Forse ora iniziavo a capire la sua occhiata...
L'uomo era vestito elegante e sembrava un pò su di giri, forse aveva bevuto.
«Cara, ci aspetti un momento mentre noi parliamo due minuti? » si rivolse a me.
Annuii senza proferir parola. Come Victoria e quell'uomo mi diedero le spalle, allontanandosi, mi sentii afferrare per un polso.
«Ah! Chi è lei? Cosa vuole da me? »
«Oh, su bambolina, niente storie. Il mio capitano vuole divertirsi e ti porterò da lui. Stai tranquilla, è un gentiluomo »
«Mi lasci! Non sono quel genere di donna! » gridai disperata, mentre lui mi trascinava via.
«Senti, carina, è inutile che fai l'innocentina. Se questa è una tattica usala con qualcun'altro, per favore. Ti posso assicurare che verrai ricompensata a dovere. »
«E' lei che non capisce! Mi lasciiii!!! » tentai ancora di divincolarmi dalla presa di quell'uomo così forte, ma ero troppo esile e debole per poterci riuscire.
Non feci comunque in tempo a cercare un'idea per scappare, che questi mi prese e mi caricò in spalla sotto le mie urla e, ahimè, i miei inutili pugni sulla sua schiena.
Poco tempo dopo salimmo su una nave e l'energumeno che mi teneva si fermò improvvisamente, bussando. Sentii aprirsi una porta e una voce maschile.
«Emmett. Ma ti sembra il modo di trattare una donna? Mettila giù subito » la voce che aveva pronunciato queste parole era calda e profonda. E per di più ero d'accordo con lui. Finalmente qualcuno che ragionava!
«Mi scusi capitano, ma si era messa a fare la difficile e non ho potuto fare diversamente. Si dimenava come un'anguilla! » si lamentò questo.
Cosa?! Ma come si permetteva? Brutto gigante maleducato!
«Emmett... ti conosco e di sicuro avrai usato i tuoi modi un pò troppo spicci e un po' da bifolco. Metti giù la ragazza e torna alle tue cose. Subito. » gli ordinò il capitano.
Mi mise finalmente coi piedi per terra e io ne approfittai.
«Brutto scimmione! Impara dal tuo capitano le buone maniere! » gli gridai, battendogli un pugno sul petto. Questo Emmett se ne andò borbottando senza quasi far caso a me. Che impudente!
Mi girai, poi, verso il comandante e rimasi davvero stupita: avevo di fronte una creatura divina, bello come una stella, capelli scompigliati e due occhi verdissimi. Aveva indosso una camicia e un paio di pantaloni dell'epoca, infilati in un paio di stivali. La camicia era un pò sbottonata sul davanti e si intravedevano i pettorali... Bhe, immaginai che il fisico non avesse niente da invidiare al viso. Mi stava guardando in modo intenso e con una scintilla negli occhi che non avrei saputo definire.
Decisi di parlare e spiegare la situazione, forse mi avrebbe compresa e lasciata andare.
«Capitano, mi dispia... »
Non riuscii a finire la frase, perchè mi trascinò dentro, chiuse la porta e mi ci sbattè contro, iniziando a baciarmi con molto calore.
Rimasi sgomenta, sul momento, ma cercai subito di respingerlo. Gli misi le mani sulle braccia, tentando di scostarlo da me.
Quando si allontanò, gli affibiai un sonoro ceffone.
«Mi lasci stare! » mi arrabbiai «E meno male che era il suo amico lì fuori, il bifolco! Anche lei è della stessa pasta! » gridai fuori di me. Oltretutto, senza nemmeno pensare che poteva usare la forza, ma ero troppo seccata per considerare l'ipotesi. Io ero fatta così: dovevo difendere le mie idee, la mia persona e non mi facevo mettere i piedi in testa. E poi avevo il cuore in tumulto, il respiro affannoso e mi sentivo piuttosto agitata e in fiamme.
«Andiamo, bambola, perchè fai la ritrosa? Col mestiere che fai dovresti essere più arrendevole e dovresti giocare... Oh.. Certo... magari è proprio questo che stai facendo, giusto? Insceni la figura della ragazza virginale, piena di princìpi morali e poi ti dai alla pazza gioia. Bhe, carina, io sono un uomo al quale piace giocare, ma con le mie regole, a modo mio. Per cui smetti di recitare e diamoci da fare »
Alzai la mano per colpirlo di nuovo, ma stavolta mi bloccò.
«Ah- ah » scosse la testa « così non ci siamo. Ti ho detto... Ahi! » gridò di dolore alla mia ginocchiata nelle parti basse. Ben gli stava!
«Brutta.... ah... strega! » esclamò arrabbiato
«Primo, non sono una donna di strada come avete creduto lei e il suo amico, secondo non sono una strega, ma una donna indifesa che cerca di proteggersi da dei pervertiti ignoranti, che non hanno nemmeno la decenza di ascoltare ciò che viene detto loro! » gli gridai in faccia, incavolata nera.
Lui mi guardò serio per un attimo, respirando a fatica e tenendosi ancora le mani sulla parte dolorante. Cercò di mettersi seduto e mi fulminò con lo sguardo.
«Indifesa? Senti un pò, gioia, e tu pretendi che adesso ti ascolti dopo ciò che mi hai fatto!? »
«Se non le spiace, qui sono io che sono stata scambiata per chi non sono! Direi che ascoltarmi sarebbe il minimo! » mi infurai ancora «Ma dato che qui ci sono solo persone ottuse, me ne andrò subito e mi arrangerò! »
Ma come si permetteva? Va bene che era un'altra epoca, ma non tolleravo certe stupidaggini da "cavernicoli". Al diavolo! Avrei fatto a meno del suo aiuto e avrei cercato di ritrovare Victoria.
Mi diressi verso la porta, ma lui fu più veloce e mi impedì di uscire, sbarrandomi la strada.
«No, no, carina. Tu non esci di qui. Adesso rimarrai sulla mia nave » dichiarò piuttosto serio.
«E per quale motivo? ... Non vorrà... » per un attimo ebbi davvero paura, vedendo il suo sguardo di fuoco.
«Perchè mi piacciono le sfide e mi sono ripromesso di domarti » spiegò, avvicinando il suo corpo al mio.
No, no, no. Assolutamente!
«Ma chi ti credi di essere?! Tu non domerai proprio nessuno. Io me ne vado e vedi di lasciarmi passare! » gli intimai, indignata, mandando al diavolo anche le formalità. Era un bruto e niente più.
«Come credi di fare? Anche se tu riuscissi a scappare, cosa di cui dubito visto che i miei uomini sono sempre allerta, di sicuro qualcun'altro ti prenderebbe e scambierebbe per quella che dici di non essere. E allora che farai? Di nuovo questa commedia? » mi parlò come se stesse insegnando qualcosa ad una bambina e si allontanò un pò. Istintivamente mi avrebbe fatta infuriare ancor di più con quel suo tono di condiscendenza, ma era chiaro che con lui non era il modo giusto di approcciarsi e forse aveva anche ragione. Ma questo non gliel'avrei mai detto nè fatto capire. Tentai di calmarmi e di parlare con tono tranquillo.
«D'accordo. Avrai la cortesia di starmi a sentire? » chiesi
«Va bene, sentiamo. Se dici di non essere una donna di strada mi vuoi spiegare perchè vai in giro vestita in quel modo? »
«Cosa? .. Ho semplicemente un abito indosso. Mi è stato gentilmente prestato da una ragazza che mi ha trovata infreddolita e fradicia dalla testa ai piedi! »
«Fradicia? Come mai eri bagnata? Un bagno fuori programma? » si incuriosì, sorridendo scanzonato. Sembrava il ritratto di Tom Sawyer o di Gianburrasca. Ma chi credeva di prendere in giro?
«Mi sono svegliata su una spiaggia, con una sottoveste indosso e totalmente bagnata. Ho camminato per un bel pò, finchè sono arrivata in questa città e ho incontrato Victoria, la ragazza che mi ha aiutata e dato il vestito » spiegai
«Oh, e come ti sei ritrovata su quella spiaggia? Ricordi qualcosa? » si fece attento.
«No, non lo so... o meglio... io ero nel mio letto, a Londra, una città che non somiglia per niente a questa, con un libro che stavo leggendo... e mi sono ritrovata su quella spiaggia! » dichiarai agitata.
E in effetti lo ero abbastanza. Tutta quella situazione era assurda! Ero finita chissà come in una realtà che non mi apparteneva, non avevo idea se e come avrei potuto far ritorno al mio presente e infine venivo presa per una prostituta unicamente perchè una ragazza gentile mi aveva prestato un suo abito. Come facevo a non agitarmi?!
«Su, ora calmati e mettiti comoda » mi invitò a sedermi « Come ti chiami? » mi chiese gentile
«Isabella Swan e tu? »
«Edward Cullen. E dove vivi, Isabella? »
«Tra Fulham e Parsons Green, vicino ad una scuola materna »
Si accigliò.
«Non esistono strade con questi nomi, a Londra. Non che io sappia. E cosa sarebbe una scuola materna? »
«Oh, giusto... in quest'epoca non potete saperlo » mormorai piano, tra me e me.
Mi guardò con un'espressione talmente incredula e scettica che non era certo difficile immaginare cosa pensasse di me in quel momento: che ero matta.
«Immagino che tu non mi creda, vero? Ma non ha importanza. Lasciami andare per i fatti miei, in modo che possa trovare il modo di tornare a casa mia » dissi alzandomi dalla sedia e andando su e giù.
«Mi dispiace, ma non posso farlo. Primo, non posso lasciarti andar via con quell'abito addosso, se è vero che non sei una prostituta; secondo, ti ho già detto che a me piacciono le sfide... »
Si riavvicinò a me e mi fece indietreggiare, finchè sentii qualcosa dietro le gambe. Probabilmente la cuccetta in cui dormiva.
Cercai di guardarmi attorno in cerca di una via di fuga, ma lui mi stava addosso e non potevo far niente. Cosa potevo escogitare? Ero nel panico.
Lui si avvicinò ancora, facendomi inarcare leggermente la schiena, mi cinse la vita con un braccio e mi tenne ferma la testa con l'altra mano.
«Non... farlo » sibilai intimorita.
Ma non mi diede ascolto e mi baciò di nuovo con lo stesso ardore di poco prima. Cercare di spostarlo da me era praticamente impossibile, era molto più forte e io ero troppo esile. Per di più non potevo muovere le gambe per dargli un'altra ginocchiata. Ero imprigionata.
Non so come, mi costrinse ad aprire le labbra. A quel punto fu come se un gayser di fuoco stesse passando dentro di me. Era travolgente, passionale e impetuoso. Non ero mai stata baciata in quel modo e il tanto tempo passato in solitudine, forse complice, mi aveva dato la spinta per rispondere a quella passione.
Dovetti aggrapparmi alle sue spalle, muscolose al punto giusto, solide e calde. Il suo odore mi colpì, perchè sapeva di selvatico, sole e mare. Era difficile da descrivere, ma mi piaceva molto e mi stava intontendo.
No. No Isabella, non devi cedere. Cerca di tornare in te. Non vuoi che lui ti faccia questo, no?
O sì? In fondo sei così sola... Forse Angela non ha tutti i torti... Eppure...
Insomma, non ci conoscevamo affatto e facevamo parte di due mondi completamente diversi, ammesso che sarei riuscita a tornare, e io volevo indietro la mia vita.
Poco dopo si sedette sulla sedia accanto al piccolo tavolo presente nella cabina, lasciandomi spiazzata: credevo si sarebbe spinto più in là.

Edward

La ragazza che mi aveva portato Emmett si stava dimostrando una ben strana e selvaggia creatura. Asseriva di non essere una donna di strada, ma aveva un vestito degno di una di loro e ora affermava di essersi svegliata su una spiaggia. Diceva di essere indifesa, ma avrei detto l'esatto opposto! Era una peste, altro che indifesa! Comunque conoscevo quelle che facevano "il mestiere" e nessuna avrebbe tenuto il suo comportamento, se non fosse stato vero ciò che diceva questa ragazza. La sua storia mi incuriosiva e volevo saperne di più. Guardandola bene, poi, dovevo dire che era molto bella: capelli lunghi e scuri, pelle rosea e liscia, occhi verdi e nasino all'insù. L'abito, poi, scollato a dovere, metteva in risalto il seno abbondante e, il corpetto, la vita sottile. Poi c'era il suo temperamento ribelle, che mi piaceva e mi intrigava non poco.
Non sembrava che la sua storia stesse tanto in piedi... che fosse una matta uscita per caso da un manicomio? Mi era sembrato di sentirla dire qualcosa tipo "quest'epoca". Oppure che fosse amnesia? Non capivo nemmeno di cosa stesse parlando con "scuola materna". Ma da che posto veniva? Che stesse inventando tutto?
Però mi piaceva molto e decisi che l'avrei conquistata, che sarei riuscito a domarla proprio come le avevo detto. Isabella era una sfida che mi stuzzicava parecchio.
«Stanotte dormirai qui » decisi « E stai tranquilla. Io mi prendo sempre tutto il tempo che posso... » le dissi, ammiccando con sguardo malizioso.
Isabella divenne di tutti i colori e temetti che stesse per esplodere, ma fece un bel respiro e, dopo avermi fulminato con gli occhi, li strinse a due fessure, chiaramente arrabbiata.
«Non credere di essere chissà chi. Ne ho visti di più belli, di uomini. E soprattutto molto più educati»
Se tentava di provocarmi non avrebbe attecchito. Era arrabbiata e quando le donne sono furiose, confuse e timorose per loro stesse si intimidivano o si indispettivano come lei. Le sorrisi. In quel modo mi aveva fatto capire che le piacevo fisicamente. Ah, come amavo giocare!
«Oh. Allora sarei un bell'uomo... ti piaccio... Ti ringrazio, neanche tu sei niente male » la provocai con un sopracciglio alzato, per poi farle l'occhiolino.
«Non ho detto questo! » si irritò. Certo che era davvero divertente provocarla in quel modo!
«Ah no? E allora perchè, prima, hai risposto al mio bacio? »
La sua espressione si fece gelida e mi rispose con tono incurante.
«Oh, che vuoi che sia. Ero semplicemente confusa dai miei problemi e tu hai approfittato della mia vulnerabilità, visto il cavernicolo che sei. E poi non lo chiamerei bacio »
«Come vuoi... Ma ti farò rimangiare presto queste parole. Stanne certa » le dichiarai, malizioso.
Uscii per andare a chiedere la cena per tutti e due. Chissà che, intanto, un buon pasto non fosse un buon espediente per abbassare un pò la sua irritazione... Ah si!, mi sfregai le mani mentalmente, con un tipetto del genere mi sarei divertito davvero. Se fossi riuscito a tenerla sulla nave abbastanza, lei non avrebbe più avuto modo di scappare da me... Sarei salpato presto. E se fossi riuscito a conquistarla, avrei avuto compagnia durante il mio viaggio.
Cenammo in silenzio, avevo deciso di lasciarla sbollire un pò.
«Bene. Direi che è ora di dormire » annunciai, alzandomi a fine pasto e appendendo un'amaca « Io starò qui. Tu puoi sistemarti sulla brandina. »
Mi accomodai sulla tela che avevo appeso con le braccia sotto la testa e le caviglie incrociate. Mi misi a guardarla di proposito, mentre lei mi lanciava uno sguardo perplesso.
«Bhe? Non hai sonno? Perchè stai lì impalata? E' tardi ormai. Sarai stanca » le chiesi con finta innocenza.
«Potresti almeno voltarti o chiudere gli occhi » sibilò un pò stizzita.
«Oh, scusa. Non ci avevo pensato. Anche se l'idea di vederti mentre ti spogli non mi dispiacerebbe per nulla » le sorrisi, facendole l'occhiolino.
Mi misi subito una mano sugli occhi al suo sguardo torvo e aspettai. Sentii il fruscio della stoffa mentre si muoveva e aprii leggermente le dita per sbirciare. Mi dava la schiena, ma la visuale era comunque notevole. Chissà cos'aveva indosso? Non avevo mai visto un indumento del genere. Anche sotto, mi pareva di scorgere qualcosa. In tutti i casi, benedii chi avesse inventato ciò che indossava, perchè lasciava poca immaginazione.
Si mise subito sotto la coperta, continuando a darmi le spalle, per poi dirmi “Fatto” in tono scocciato. Le diedi la buonanotte e mi addormetai.

Bum bum bum.
«Capitano! Capitano si svegli!»
La voce agitata del mio primo ufficiale mi svegliò di soprassalto. Andai ad aprire in fretta.
«Che succede Emmett?»
«E' scoppiato un incendio in città e sembra che stia peggiorando. Ci aveva svegliati l'odore del fumo, e da principio credevamo fosse successo qualcosa sulla nave, poi ci siamo accorti che erano degli edifici in lontananza, a bruciare. Nessuno riesce a spegnere le fiamme e gli uomini sono preoccupati che possano raggiungere il porto» mi spiegò un po' nervoso.
«Capito. Adesso dì a tutti di stare calmi. Io devo fare ancora un affare, per cui ecco cosa faremo: ci allontaneremo a distanza di sicurezza e vedremo cosa succede. Nel peggiore dei casi avrò fatto un affare in meno, ma almeno la nave sarà al sicuro assieme a tutti noi»
Vidi Emmett riprendere il controllo di sé e rispondermi deciso. Era un ufficiale perfetto. Di solito manteneva la lucidità necessaria, ma nei rari casi di nervosismo come quello, bastavano due parole ragionevoli e lui tornava immediatamente attivo ed efficiente.
«Agli ordini capitano. Riferisco subito agli altri»
Andato Emmett, chiusi la porta e mi trovai di fronte Isabella con la coperta addosso e un'espressione che non seppi decifrare.
«Senti, Edward, io non voglio assolutamente andar via di qui. Tu hai tutto il diritto di salvare la tua nave e i tuoi uomini, ma io devo restare. Lasciami scendere, farò in fretta»
«E' fuori discussione, Isabella. E' pericoloso. Aspetteremo l'evolversi della situazione. Ti ricordo che questa è la mia nave e sono responsabile di tutti coloro che sono a bordo» cercai di farla ragionare. Anche se a onor del vero, probabilmente il tempo di lasciarla e allontanarci c'era, ma non volevo che se ne andasse. Sentivo che doveva restare a tutti i costi.
La vidi socchiudere gli occhi come se stesse per aggredirmi verbalmente, poi cambiò espressione come se stesse arrivando a qualche colclusione.
«Oggi è il 2 settembre, giusto?» mi chiese
«Si, perchè?»
«Ma certo... certo... Il 2 settembre 1666... Il Grande incendio di Londra» mormorò, forse più a se stessa. Poi mi guardò «Non ti devi preoccupare, perchè le navi si salveranno. O almeno la maggior parte. E ci saranno solo sedici vittime, nonostante rimarrà intatto solo il venti per cento della città»
Mi accigliai, sospettoso.
«Come puoi sapere certe cose? Sei una strega che prevede il futuro? Oppure sei complice di questo disastro?» la accusai.
«Come ti viene in mente? Io l'ho studiato sui libri di storia!» si difese.
«L'hai studiato?...» chiesi scettico
«Senti, Edward, io … vengo dal futuro. Dal 2013»
«Questa non può essere la verità. Stai mentendo. Ma non importa. Ho comunque deciso che tu resterai qui»
«Ma come ti permetti?! Nessuno decide della mia vita. Soltanto io! Se non vuoi lasciarmi andare con le buone, allora mi tufferò e andrò a nuoto, ma caschi il mondo, io resterò a Londra!»
Era furiosa, fuori di sè. Non capivo perchè si ostinasse tanto. Le donne non avevano mai avuto autonomia decisionale.
«Senti, gioia, io sono un uomo e sono gli uomini a prendere le decisioni, quindi ti adeguerai. Punto e basta»
Detto ciò, uscii in fretta dalla cabina e altrettanto svelto, chiusi a chiave la mia ospite.
«Lasciami uscire! Maledetto zoticone! Come osi rinchiudermi! E' sequestro di persona! Apriii!!!» la sentii urlarmi dietro, assieme a dei colpi alla porta. Mi allontanai, lasciando che si sfogasse.

«Bene, signori. Direi che possiamo buttare l'ancora e aspettare» dissi ai miei uomini, una volta raggiunto il ponte.
Allontanarsi dal porto aveva richiesto un po' più di tempo del previsto, ma eravamo tutti al sicuro.
Oltretutto c'era tanto di quel fumo acre portato dal vento che se fossimo rimasti mi sa che saremmo soffocati. Alcuni uomini avevano perfino della cenere addosso.
Passato il tempo del dovere, pensai subito alla mia “gioia”, come l'avevo ribattezzata. Isabella era incantevole anche da furiosa. La tentazione di andare da lei era forte e non vidi motivo per resistervi. Scesi in cabina e aprii la porta, ma stranamente non vidi arrivare nessuna furia. Isabella era distesa sulla brandina che dormiva. Era davvero bellissima nel sonno, ma l'avevo già notato durante la notte: aveva urlato e mi ero svegliato, accorgendomi poi che stava solo sognando. Si era agitata e si era scoperta, così mi ero avvicinato per coprirla, ma avevo esitato un momento per guardarla, affascinato. Intanto aveva mormorato nel sonno, pronunciando parole sconnesse e strane tipo “Natale... Angela, regalo, cellulare..”. Chissà che cos'era sto cellulare? Mi venne il dubbio che avesse detto la verità, ma era assurdo. Magari si trattava di qualche utensile da cucito, oppure un intruglio di erbe o altro, chi lo sapeva?
La lasciai dormire, visto che eravamo stati svegliati quasi all'alba, la coprii e tornai ai miei doveri di capitano.
Appena possibile mandai Emmett e Barney a cercare notizie sulla situazione e quando tornarono non mi diedero nemmeno il tempo di porre una domanda, tanto erano stupiti.
«Capitano, è incredibile. La città è stata quasi completamente devastata, è rimasto in piedi ben poco, ma pare che le vittime siano solo sedici. E anche le navi, per la maggiore, si sono salvate. E' proprio vero che chi vivrà vedra! Si vede che i londinesi hanno una bella scorta di fortuna, tutto sommato» esclamò Barney.
«Davvero incredibile, in effetti» risposi stupito «Signori, si salpa. Mi sa che non faremo ritorno a Londra per un bel pò» Ero anche preoccupato, oltre che sorpreso: era proprio come aveva detto Isabella.
Non dubitavo delle notizie riportate, perchè Barney era un uomo fidato come il resto del mio equipaggio, scelto con attenzione. Era un uomo verso la cinquantina, coi capelli neri spolverati di bianco. I suoi occhi azzurri erano gentili, ma vivi, anche se con un po' di rughe attorno. Lui si era affezionato a me e ogni tanto mi dava “consigli paterni” in modo sottile. Anch'io mi ero affezionato a lui e accettavo i suoi suggerimenti di buon grado. Era un uomo intelligente di cui avevo stima. E lo stesso valeva per Emmett, il mio grosso primo ufficiale che conoscevo da tanti anni.
Adesso il problema era Isabella. O meglio ciò che affermava. Decisi di non pensarci su troppo e di concentrarmi piuttosto su come l'avrei domata... Sì sì.. Mi piaceva giocare!

Bella

Dopo che quello stronzo se ne era andato , mi rimisi il vestito e ripromisi a me stessa che avrei chiesto camicia e pantaloni, cose ben più comode e pratiche di tutte queste sottane e un corpino che stringeva da matti.
Mi sdraiai nella cuccetta, sconsolata e irritata insieme. Nell'aria della cabina aleggiava un lieve aroma di tabacco, quindi mi guardai intorno e vidi una mensola su cui era posata una pipa. Edward fumava, quindi. Lo invidiai un po': lui aveva una vita, era nel suo tempo, forse aveva degli amici... Tutte cose che fino a poco tempo prima avevo anch'io. Perchè la sorte si era accanita così contro di me? Chissà se sarei mai riuscita a tornare al mio tempo, alla mia vita? Angela mi sarebbe mancata molto, si sarebbe preoccupata nel non vedermi e mi avrebbe sicuramente cercata anche a casa... e non mi avrebbe mai trovata. E i miei amati libri? Mi sarebbero mancati anche quelli, visto che molte delle opere che prediligevo non erano ancora state scritte, come quelle della Austen. E poi che vita avrei fatto? Dove sarei stata? ….
Con questi pensieri maliconici, mi addormetai.

Mi svegliai stranamente riposata, nonostante mi trovassi su una ben poco comoda cuccetta. Avevo una coperta addosso. Evidentemente era passato Edward mentre dormivo. Che sfortuna! Almeno avrei tentato la fuga. Decisi di provare a vedere se si fosse dimenticato di chiudere a chiave, anche se non ci credevo. Incredibilmente, invece, era aperta. Uscii circospetta, guardandomi intorno nel corridoio per vedere se sbucava qualcuno. Forse erano tutti impegnati a tornare indietro... In ogni caso mi avventurai sul ponte, ignara della “sorpresina” che mi attendeva.
«Isabella. Che piacere vederti. Dormito bene?» mi si avvicinò Edward con fare galante.
Lo guardai malissimo.
«Certo capitano. Ma a quanto vedo siamo ancora fuori dal porto. Vorresti farmi la cortesia di lasciarmi andare via, adesso?»
Sulla sua faccia da schiaffi si dipinse un sorrisetto apparentemente mesto.
«Mi dispiace, ma siamo già lontanucci da Londra. A quanto pare la tua premonizione era corretta» aggiunse accigliandosi leggermente «Non so ancora come hai fatto, ma poco importa. Adesso perchè non mi segui?»
«Cosa?! Siamo lontani? Eppure lo sapevi che volevo restare a Londra! Come hai potuto! Maledetto mascalzone!!» mi infuriai.
«Isabella, seguimi» mi invitò ancora, con un tono che assomigliava un po' a un ordine. Ma non aveva capito. Io ero fuori di me, non potevo fargliela passare liscia! Nel modo più assoluto.
Vedendo che non mi muovevo, mi prese su all'improvviso e mi caricò come un sacco di patate. Proprio come Emmett la notte precedente. Ma cosa avevo? “Carico da spalla” scritto in fronte? Mi dimenai quanto più possibile sotto le risate dell'equipaggio, che aveva assistito alla scena.
Quando mi mise giù, in cabina, ero furente come non mai.
«Brutto bastardo! Tu non sai ciò che hai fatto! Mi hai portato via la mia unica possibilità di tornare al mio mondo! Sei un fottutissimo stronzo!!!» gli urlai contro.
«Ehi ehi, vedi di calmarti e di moderare le parole. Ti avevo detto che saresti rimasta qui» mi disse come se questo avesse spiegato tutto e dovesse calmarmi. Ma figuriamoci!
«No!! No e poi no! Adesso non potrò più tornare! Londra era la mia città, anche se nel futuro, Victoria era l'unica persona gentile e adesso io non so più cosa fare o dove andare! E tutto per colpa tua!» odiavo fare così, odiavo piangere, ma ero talmente spaesata, fuori posto e incazzata che non riuscii a trattenermi e scoppiai in lacrime.
«Dai, non piangere. Vedrai che si sistemerà tutto» mi disse calmo e ragionevole «Adesso ti faccio portare qualcosa da mangiare, che avrai fame. Poi potremo ragionare meglio sulla situazione»
Se ne andò, socchiudendo la porta, ma a me non interessava il suo aiuto. Mi aveva fatto un dispetto grandissimo e tutto per cosa? Per tenermi lì? E a che pro? Adesso era ora di vendetta. Si sarebbe pentito di avermi presa e tenuta contro la mia volontà! Parola di Bella!
Arrivammo a Oslo dopo cinque giorni di navigazione. L'aria era più fredda già da diverse ore, causa la posizione molto a nord di quella città.
Quanto al “signorino”, avevo dato sfogo alla mia rabbia, facendogli diversi scherzetti. Così imparava a fare il prepotente! Anzi, per quanto di solito il capitano dovrebbe essere quello con cui si ragiona meglio, per quanto il suo equipaggio si dimostrò molto meglio di lui. Avevano capito tutti che razza di torto mi aveva fatto e mi venne da sorridere al pensiero che scommettessero quando avrebbe perso definitivamente le staffe. Sì, mi veniva proprio da sorridere, perchè in fondo avevo capito che non era cattivo, anche se non volevo ammetterlo, e che non mi avrebbe mai fatto del male.
Barney ed Emmett, in particolare, mi avevano raccontato qualche aneddoto su di lui. Alcuni divertenti, altri davvero encomiabili in cui Edward aveva dimostrato coraggio da vendere.
Cercavo di non darlo a vedere, ma ero curiosa di sapere qualcosa di più su di lui. Peccato che per celare tale curiosità non potessi fare chissà quante domande e, a pensarci bene, forse i miei nuovi amici avevano anche capito e si divertivano a vedermi “sfrigolare” come una goccia d'acqua nell'olio bollente.

Edward

Isabella, o meglio Bella come mi aveva detto di preferire in un raro momento di calma, mi aveva fatto passare gli ultimi giorni in un inferno: mi aveva fatto un sacco di scherzetti, che io avrei definito dispetti. Una volta mi aveva fatto inciampare in uno spago sottile sistemato ad altezza caviglia, legato tra il tavolo e non so cos'altro; un secchio d'acqua sopra la porta, una qualche sostanza non identifcata (forse miele?) su cui ero scivolato e altro ancora. Era talmente brava a tendere tranelli che adesso mi guardavo sempre intorno, attento a qualsiasi passo facessi e a qualsiasi cosa toccassi. I miei uomini erano arrivati addirittura a scommettere su quale tipo di scherzo mi avrebbe riservato Bella la prossima volta e a chi avrebbe “ceduto” per primo dei due: se avrebbe smesso lei di escogitare trappole o se sarei esploso del tutto oppure se le avrei chiesto scusa non so bene per cosa. Ah già. Per averla ingannata, come diceva lei. E i miei uomini erano pure d'accordo con quella strega! Questo era il colmo della situazione: li aveva conquistati tutti e adesso stavano dalla sua parte. Per fortuna, però, quando si trattava di ordini continuavano ad obbedire... Razza di traditori, comunque! Perfino Barney. Che cavolo, dov'era la cara, vecchia solidarietà machile?
Ad ogni modo e contro ogni buon senso, avevo deciso di accontentare la madamigella: mi aveva chiesto praticamente dei vestiti da uomo! Incredibile. Diceva che nella sua epoca queste idee antiquate non c'erano più e ognuno vestiva come credeva. Mi aveva detto che un certo tipo di eunuchi (incredibile! ce n'erano addirittura più tipi!) si vestivano da donna e si facevano operare da un dottore per cambiare sesso. Cose proprio di un altro mondo! Non ero ancora convinto che mi avesse detto la verità, e data la sua fantasia, nessuno mi poteva provare che non fosse frutto della sua mente.
Scesi in cabina per avvisarla dell'arrivo a Oslo, sperando di non ritrovarmi in una delle sue trappole.
Bussai per annunciarmi.
«Bella. Sono io. Posso entrare senza che tu mi faccia uno dei tuoi scherzi? Ho una buona notizia da darti» le dissi, sperando che mi ascoltasse.
«Entra pure»
«Sono venuto a dirti che siamo arrivati a Oslo e che potremmo andare a cercare gli abiti che vuoi»
Si illuminò tutta a quelle parole.
«Dici davvero? Dei vestiti nuovi?»
«Sì, dico davvero. E solo se mi prometti di non farmi più scherzi» tentai.
«Ok, lo prometto. In fondo credo di aver esagerato»
Chi l'avrebbe mai detto? Si era ammorbidita molto... Ma meglio così, forse potevo iniziare a cercare di conquistarla...
«Bene. Scendiamo fra poco»

Ed ecco che finalmente sbarcammo. Avevo insistito con Bella perchè si facesse prestare qualcosa dal ragazzo più giovane, Niki, che avendo solo diciassette anni aveva la misura più vicina alla sua corporatura. I vestiti le stavano un po' larghi e a tener su tutto ci pensava una grossa cintola. I pantaloni le erano leggermente lunghi, ma almeno coprivano gli stivali troppo abbondanti. In testa aveva un beretto di lana ben calcato, in cui nascondeva i suoi capelli, e sopra la camicia una giacca che la faceva sembrare uno stecchino, essendo troppo larga di spalle e maniche. Nel complesso era ben camuffata, ma era davvero buffa.
Quando si presentò a me in quelle vesti fu difficile nascondere almeno un sorriso.
«Guarda Cullen che puoi anche ridere» aveva preso a chiamarmi per cognome, qualche volta «Non mi offendo mica, sai» disse tranquilla e sorridente.
A quel punto mi scappò una risatina.
«Scusa Bella, ma sei proprio buffa. Ok, adesso andiamo e togliamoci il pensiero. Ripartiremo per Dublino domani dopo l'ora di pranzo»
«Davvero, Dublino? Non ci sono mai stata. Mi piacerebbe vedere l'Irlanda» dichiarò entusiasta.
Ci incamminammo così verso le strade della città assieme a Emmett. I miei uomini, intanto, si occupavano di fare qualche provvista. Per arrivare alla prossima tappa ci volevano altri sei giorni di viaggio. E a Dublino avremmo fatto anche qualche rifornimento in più.
Ci fermammo nella bottega di una sarta, che quando vide Bella la squadrò con occhio clinico. Mi sentii un po' nervoso, perchè non avevo voglia di dare spiegazioni. Motivo del travestimento.
Per fortuna la sarta aveva già qualcosa di pronto, che Bella, dietro un separè, si mise subito. Un'altra cosa che apprezzai molto fu che non parlò granchè, perchè ad imitare una voce maschile era proprio penosa... Altro motivo di preoccupazione.
Ma temevo soprattutto una sua eventuale fuga. Anche per questo avevo chiesto ad Emmett di seguirci. Bella sembrava tranquilla e non dava segni di volersi allontanare, ma con lei non si poteva mai sapere.
Peccato che il momento in cui rischiai di sentirmi male davvero fu quando uscì coi vestiti, dopo che la sarta glieli aveva adattati.. I pantaloni, anziché nascondere, risaltavano il suo sederino tutto da mordere; la camicia, forse era leggermente abbondante, ma Bella insistette per farsi aggiustare solo la giacca che aveva sopra. Decisamente, forse meglio così.
Finalmente uscimmo dalla bottega.
«Che ne dite, ragazzi, di andare a mangiare qualcosa?» proposi
«Ottima idea, in effetti io avrei un po' di fame»
Emmett si limitò ad annuire.
Ci incamminammo così verso una locanda che avevo visto durante il tragitto.
Il resto della giornata passò abbastanza tranquillamente, in chiacchiere soprattutto tra Bella e il mio ufficiale. Che cavolo avevano, poi, da ridere tanto? E come faceva Emmett a stare così tranquillo? Va bene che gli avevo chiesto di aiutarmi a tenere d'occhio la nostra ospite, ma mi sembrava che fosse fin troppo zelante nel suo incarico.
Ok, basta Edward, devi darti una calmata. Il capitano sei tu e i tuoi ordini non si discutono; inoltre, la ragazza sta nella tua cabina. Niente di cui preoccuparsi. Quindi non c'è motivo per cui infastidirsi se ride con quel … bifolco di bestione.

Bella

Avevo passato proprio una bella giornata con Emmett ed Edward. Andare a fare compere, anche se di abiti maschili e non in un negozio come quelli conoscevo, poi pranzare e ridere insieme era stato un toccasana per il mio umore: tutto questo mi aveva permesso di non pensare alla mia condizione.
Dal pranzo in poi, però, avevo notato che Edward si era fatto più taciturno, parlando poco e giusto per rispondere a me o Emmett quando gli rivolgevamo la parola. Ma sempre risposte concise. Avevo provato a chiedere al mio (ormai) amico se sapeva il perchè di quell'atteggiamento e la sua risposta mi aveva lasciata sorpresa.
«Credo che sia semplicemente geloso» mi rispose sottovoce, mentre il suo capitano ci precedeva di una paio di metri.
«Come geloso? In che senso?»
«Non hai notato le occhiate che ha lanciato per tutto il pomeriggio?»
«Bhe... sì, altrimenti non ti avrei chiesto niente, ma ho pensato che sia arrabbiato con me»
«No. Non è arrabbiato con te. Guardava tutti e due, ma soprattutto me. Il fatto è che gli piaci molto e credo che gli dia fastidio come abbiamo parlato e scherzato finora»
«Oh, io non credo che sia come dici tu, vedi, lui mi ha detto che voleva “domarmi”»... gli mimai le virgolette con le dita «è quel che io chiamo farfallone» lo liquidai tranquilla.
«No, Bella. Lo conosco troppo bene. Certo ha avuto le sue avventure, ma non si è mai comportato con le altre come con te. Infatti ho anche notato un insolito rispetto, nei tuoi riguardi, come donna»
«E non credi fosse dovuto al timore per i miei scherzi?»
«No, assolutamente. Se voleva divertirsi ti avrebbe lasciata in pace e cercata un'altra oppure avrebbe cercato di sedurti in ogni modo. Mai contro la tua volontà, sia chiaro. Ed è uno che se si impegna fa sul serio. Credimi. Soprattutto nelle cose serie»
«Mmm... non sono convinta, mi spiace. Anche questa potrebbe essere una tattica. Da dove vengo io sono in molti a bluffare per arrivare al loro scopo»
«Non lui. Dammi retta, Bella, quello sguardo geloso non è artificiale. Sono convinto che non se ne renda neanche del tutto conto, perchè agisce molto spontaneamente. Ma avrai modo di capirlo da te»
Ripensavo a quella conversazione con Emmett e ora che eravamo di nuovo a bordo, Edward sembrava leggermente più tranquillo.
«Edward, senti.. » lui alzò lo sguardo dalle sue carte nautiche
«Dimmi Bella» rispose un po' freddo, ma non mi scoraggiai
«Volevo ringraziarti per oggi, ho passato una bella giornata. E volevo anche scusarmi per gli stupidi scherzi che ti ho fatto»
Si alzò dalla sedia, torreggiando su di me con la sua alta statura.
«Quindi non mi odi più?» mi chiese, guardingo e forse speranzoso.
Che sciocchezze diceva?
«No, Edward, che dici? Non ti ho mai odiato. Mi dispiace che il mio atteggiamento infantile ti abbia portato a pensarlo, ma non è così. Anche se ho sbagliato, cerca di metterti nei panni: prova a pensare a come ti sentiresti se ti trovassi improvvisamente in un mondo che non conosci, che non è il tuo, senza amici, senza casa, senza più la tua vita... Come staresti?»
«Credo che mi sentirei spaesato, forse spaventato, anche. E solo, immagino. Anche se a dirla tutta, nonostante sia nato in questo tempo, non mi sento per niente di farne parte»
«Ecco. E' esattamente così che mi sono sentita e mi sento ancora fuori posto. E quando mi hai portata via da Londra credevo mi avessi anche tolto la possibilità di fare ritorno da dove provengo. Per questo sei stato la mia fonte di sfogo. Mi dispiace»
«Non importa. Anche se mi è difficile credere alla tua storia, vedo che sei sincera quando dici che appartieni ad un altro luogo. Si vede dal tuo comportamento»
«Senti, senza che ti arrabbi, posso chiederti perchè oggi eri così musone?»
Lo vidi irrigidire la mascella, ma non cambiò espressione. Forse cercava di trattenersi.
«Non ero musone, ero solo preoccupato per una tua eventuale fuga. Motivo della presenza di Emmett. Poi ti vedevo così tranquilla che non sapevo cosa pensare. A proposito, da quando sei così in confidenza con lui? Non era un bifolco grande e grosso?»
C'era davvero del fastidio nella sua voce, o sembrava a me? Non riuscii a trattenere una piccola risata.
«Per prima cosa, mi chiedo come hai fatto pensare che scappassi. Sei l'unica persona, a parte il tuo equipaggio, che conosco. Dove avrei potuto andare? Secondo, Emmett è un bravo ragazzone. Ha una mole che ti mette in soggezione, ma se lo conosci capisci che è buono per quanto è grosso. Anche se immagino che siano guai per chi lo fa arrabbiare»
«Sì, è vero. E' una brava persona» ammise, quasi con uno sforzo. Sembrava che gli costasse parlare bene di Emmett, nonostante avessi capito quanto lo stimava. Che avesse ragione il mio amico ufficiale?
Mi fece tenerezza e lo abbracciai di slancio e lui rispose con calore, stringendomi a sè.
Mi scostò, poi, leggermente per guardarmi un attimo e calarsi come un falco sulle mie labbra. Inutile dire che stavolta lo accolsi con calore. Mi piaceva molto.
All'improvviso sentii una mano sul seno e questo non era previsto. Mi scostai subito, temendo di averlo incoraggiato troppo. Non sapevo nemmeno io perchè, visto che ero attratta da lui e lo volevo, ma non me la sentivo.
«Scusa. Forse ho corso troppo? Mi sembrava... » nella sua voce c'era una nota di delusione, ma anche preoccupazione.
«No, scusa tu. E' che non mi sento e ci sono vari motivi»
«Sei vergine?»
Me lo domandò con tanta preoccupazione che mi fece ancor più tenerezza di prima. Capii da questo che Emmett aveva ragione almeno su una cosa: quando era importante, Edward faceva sul serio. E questo mi fece pensare che fossi importante per lui.
«No, non lo sono. Sono altri i motivi. Non so nemmeno bene io quali» dissi con un sorriso mesto «ma non si tratta né di timore verso di te, né di mancanza di attrazione» ammisi, arrossendo e rassicurandolo.
«Va bene. Allora d'ora in poi farò attenzione»
«Grazie. Sei davvero comprensivo» mi complimentai
Mi fece quel suo sorriso scanzonato alla “combinaguai”.
«Sì, ma non approfittartene. Ricorda che il domatore è sempre pronto» mi fece l'occhiolino.
Eccolo, il mio Tom Sawyer!
Curioso, mi chiese quali differenze ci fossero tra i nostri due mondi e io cercai di spiegargliele. Quando mi sentì nominare il cellulare, poi, mi disse che me lo aveva sentito dire mentre dormivo e credeva fosse qualcosa da mangiare o da ricamare. Non riuscii a non ridere.
Mi chiese anche se sapevo di qualche avvenimento di lì a breve, visto che sapevo dell'incendio. L'unica cosa che mi venne in mente fu l'eclissi che ci sarebbe stato di lì a tre giorni. Cercai di raccontargli cos'era nel modo più semplice e chiaro possibile e sembrò capire. Poi continuò nelle sue domande.

Una volta partiti per Dublino, quando avvenne l'eclissi tutti rimasero stupiti e finalmente iniziarono a credere davvero alla mia storia.
Con Edward le cose erano addirittura migliorate: si mostrava sempre premuroso e attento, perfino di fronte ai suoi uomini, senza vergognarsi di essere gentile o affettuoso. E la cosa mi piaceva.
Emmett era stupito, ma sempre più convinto della sua tesi. Anzi, mi disse che anche a me piaceva molto Edward e il mio rossore parlò da solo. Ormai arrossire era diventato il mio secondo nome...
La sosta a Dublino prevedeva due giorni per rifornimenti e affari vari, ma si prolungò perchè Edward volle farmi visitare la città e i suoi dintorni. Forse spinto dal mio entusiasmo.
Tra noi c'erano stati gesti molto affettuosi, avevamo parlato tanto e questo ci aveva permesso di conoscerci meglio. Poi c'era stato qualche bacio. Edward sempre attento come se fossi stata vergine.
Ormai avevo capito che me ne stavo innamorando, ma mi rannuvolai al pensiero. Cosa avrei fatto se avessi avuto la possibilità di tornare alla mia vita? Quale scelta avrei compiuto? Tornare o restare con lui? Ma volli scacciare quel pensiero. Nessuno avrebbe potuto prevedere il corso degli eventi e per come stavano le cose, non vedevo via d'uscita per un ritorno alla mia vecchia vita.
Decisi, quindi, di non pensarci e vivere tutto alla giornata.

Eravamo di nuovo in viaggio. Tappa Lisbona, con arrivo previsto in dieci giorni. Man mano che ci avvicinavamo, la temperatura diventava un po' meno bassa e ogni tanto compariva anche il sole.
Una sera, rientrando in cabina, trovai la tavola apparecchiata per due come sempre, ma questa volta c'era una certa atmosfera di intimità: le uniche luci erano delle candele accese sul tavolo e una lanternina sulla parete accanto.
Poco dopo bussarono.
«Sì, avanti» risposi divertita. Di solito Edward non era così formale.
Dalla porta sbucò Emmett con un gran sorrisone.
«Edward mi ha chiesto di darti questo. Vorrebbe che lo indossassi» mi disse, porgendomi un abito.
Si congedò con un occhiolino e io rimirai il vestito. Era seta rossa con qualche rifinitura nera. Bellissimo. Da quando avevo ottenuto camicia e pantaloni avevo sempre portato quelli, quindi mi fece piacere poter cambiare. Misi la sottoveste e la biancheria intima, che avevo avuto modo di lavare e mi vestii.
Quando arrivò Edward ebbi la soddisfazione di sentirmi donna per davvero. Aveva uno sguardo intenso, caldo e sembrava dire adesso-ti-mangio-tutta. Mi diede un piacevole brivido.
«Sei la creatura più incantevole che si possa immaginare» disse rapito.
«Anche tu sei molto affascinante. E grazie per questo abito. E' davvero bellissimo»
La cena fu molto piacevole, passata tra battute, sorrisi, sfioramenti di mani sul tavolo e buona cucina. Edward era sempre galante, ma mai insistente, come secondo me avrebbe voluto: glielo leggevo negli occhi, nell'intensità in cui mi guardava, nel calore di quel verde meravilgioso. Ed anche nelle sue carezze, che qualche volta accennavano a voler diventare più audaci, ma poi si tratteneva.
Per parte mia, invece, ne avevo abbastanza di trattenere quello che provavo. Forse mi ero tirata indietro perchè temevo non facesse sul serio con me, forse avevo bisogno di conoscerlo meglio come era successo negli ultimi giorni. Forse era una pazzia pensare di essere già innamorata di Edward... Ma quando mai l'amore è razionalità? E io lo volevo. Volevo viverlo totalmente. Così decisi di azzardare la prima mossa. Ma prima che potessi agire, si alzò.
«Mi concede l'onore di questo ballo, madame?» mi chiese con un lieve inchino.
Sorrisi e feci come avevo sempre visto nei film, inchinandomi a mia volta e piegando leggermente le ginocchia.
«Con piacere, sir. Solo non c'è la musica...»
«Di questo non preoccuparti. Dammi solo un secondo»
Andò alla porta e fece un fischio. Poco dopo arrivò Emmett con un violino in mano. Piacevolmente stupita, iniziò a suonare una melodia bellissima, lenta. Era davvero bravo.
Edward mi prese le mani e mi avvicinò a sé, iniziando a muoversi.
Mi sembrò che il tempo sparisse, come se fossimo stati soltano noi e il nostro amico non ci fosse. La musica era quasi ipnotica, ma quello che mi faceva perdere erano gli occhi di Edward nei miei.
Quando Emmett si congedò decisi di fare la mia mossa. Misi le braccia intorno al collo del mio cavaliere e lo baciai.
Lui mi strinse forte a sé, ricambiando con molto calore. La sua lingua che lottava con la mia, una piccola schermaglia appassionata che accendeva i sensi. In un attimo mi ritrovai nella stessa condizione della prima volta, ansimante e desiderosa, ma senza timori, incertezze o altro.
Mossi una mano dai suoi bellissimi capelli per portarla su quel magnifico didietro che si ritrovava e stringerlo come volevo da tempo.
Lui si scostò da me per guardarmi. Forse voleva essere certo che lo volessi anch'io.
Bhe, togliamogli qualsiasi dubbio, che diamine! pensai.
Mi avvicinai al suo orecchio e gli sussurrai parole inequivocabili.
«Voglio fare l'amore con te. Ti voglio dentro di me»
In un attimo si accese come se avessi premuto un interruttore.
Mi lasciò scie infuocate sul collo e iniziò lentamente a scendere, sfilandomi le spalle del vestito.
Io, impaziente, misi mano ai bottoncini per slacciarlo e me lo tolsi in fretta, allontanandomi un secondo dalla sua presa. Lui mi guardò col fuoco negli occhi.
«Non so chi abbia inventato quegli indumenti e lo benedirei, ma se non te li togli subito, rischio di farli a brandelli» disse quasi ringhiando.
Non persi un secondo per obbedirgli, togliendomi anche l'intimo. A questo punto, era lui quello troppo vestito. Mi avvicinai per togliergli la camicia e, con impazienza, lui si aprì i pantaloni e li fece cadere. Ci perdemmo l'uno nell'ammirazione dell'altro, ma durò poco.
«Dio quanto sei bella...» mormorò, calandosi a torturare un seno con la bocca.
La mia mano scese a toccare la sua erezione e lo sentii ansimare sul mio corpo.
Poco dopo sentii le sue dita farsi strada dentro di me e fui io a gemere. Continuammo così per un po', finchè non fummo al limite. Mi guardò negli occhi e io mi appoggiai alla parete, dandogli la schiena.
«Prendimi così»
Alla sua espressione sorpresa, annuii. «Lo voglio... ti voglio»
Non si fece pregare e si avvicinò, posizionando la punta del membro alla mia entrata. Con un bel respiro, entrò in me deciso e io gemetti di piacere. Tanto che rischiai di venire subito, tanto ero eccitata. Nessuno mi aveva mai fatto un tale effetto.
Iniziò a muoversi piano, ma io lo incitai subito a essere più veloce.
Quando raggiungemmo l'apice e si sfilò dal mio corpo, mi prese in braccioe mi adagiò sulla cuccetta, sdraiandosi al mio fianco.
Notai subito che era ancora in erezione, così feci per allungarmi su di lui, ma mi prese i polsi.
«Non ti preoccupare. Immagino sarai stanca»
Sorrisi alle sue parole.
«Si vede che non sai di cosa siamo capaci noi donne moderne. E per la cronaca, sono ancora eccitata anch'io..» gli risposi suadente.
Mi misi a cavalcioni su di lui, che mi prese i fianchi, mentre io lo facevo rientrare dentro di me. Dio com'era bello stare con lui!
Alla fine del secondo amplesso, mi abbracciò e mi bacio dolcemente.
«Ti amo..» mi scappò, mentre lui aveva gli occhi chiusi. Credevo fosse addormentato, ma aprì i suoi fari verdi e mi rispose
«Anch'io. Ti amo tanto»
Dopo un'altra serie di baci dolcissimi, ci addormentammo.

Bi-bip bi-bip
Un suono fastidioso che somigliava tanto alla mia sveglia a forma di mela mi destò.
Aprendo gli occhi mi accorsi di essere sola. Dov'era Edward? Scattai a sedere sul letto. Era il mio letto, la mia camera.. Ma come? Ero tornata al presente? Proprio adesso?! Guardai la sveglia e vidi che erano le sei del mattino e con mio grande stupore era anche lunedi mattina! Ma come era possibile? Anche ammesso che avessi sognato, io mi ero addormentata venerdi sera. Non potevo aver dormito due giorni!
Sconsolata, mi alzai e mi diressi verso la doccia. Decisi che quel mattino mi sarei presa una bella colazione alla caffetteria all'angolo, vicino all'ufficio.
Vestita e pronta mi incamminai verso la mia meta e quando entrai il profumo delle brioches e del caffè mi avvolse. Mi sedetti vicino alla vetrata con la mia tazza fumante, quando ebbi la sensazione che qualcuno mi stesse fissando. Facendo finta di niente, mi guardai in giro con nonchalance e mi bloccai per un secondo quando vidi un uomo preciso e identico a Edward. C'era un tavolo vuoto tra il mio e il suo. E anche se di profilo, lo vedevo bene. No, non poteva certo essere lui. Ma cavolo... era difficile non pensarci, soprattutto perchè sembrava il suo gemello.
Lui sembrava leggere il suo giornale, ma avevo notato che con la coda dell'occhio mi guardava.
No, Isabella, forse stai ancora pensando al sogno assurdo che hai fatto.
Uscii dalla caffetteria e mi avviai all'ufficio.
Fu difficile concentrarsi durante la giornata, ma passò abbastanza tranquillamente. A sera, quasi all'ora di uscire, si presentò una donna molto bella, con lunghi capelli neri.
«Piacere, sono Patricia» si presentò, sorridendomi e allungandomi una mano.
La strinsi e sorrisi a mia volta.
«Piacere mio. Isabella. Dal nome deduco sia lei l'autrice del manoscritto sul capitano, vero?»
«Si, sono io»
«Mi spiace Patricia, ma non ho ancora finito di leggere la sua storia. Se mi dà tempo un giorno o due, le farò sapere»
«Oh, non ti preoccupare Isabella. Non c'è bisogno di leggere» mi rispose enigmatica.
Fece un gesto strano e sentii vagamentre le parole “l'avventura è il tuo presente e il tuo futuro”. Mi ritrovai a sbattere gli occhi chiedendomi cosa fosse successo. Patricia era scomparsa nel nulla. Che me la fossi sognata? Mamma mia. Ma cosa avevo in questi giorni? Sonnambulismo? Non ci capivo più niente. Sembrava che mi perdessi intere giornate o intere ore. E a proposito di ore, era arrivata quella di uscire, ma prima di andarmene, cercai il manoscritto. Dove era finito?
Andai da Angela a chiedere.
«Che fine ha fatto il manoscritto di Patricia Reese?»
«Chi? Che stai dicendo Bella?»
«Ma si, dai, quello che mi hai portato venerdi sera, non ti ricordi?»
«Venerdi sera? Ma guarda che io non ti ho portato proprio niente»
La guardai stupita, poi glissai prima che mi facesse domande.
«Ok, mi sarò sbagliata»
«Io dico che leggi troppo. Esci un po' più spesso con noi» mi rimproverò
Detto ciò uscii dalla Random e mi incamminai confusa verso casa. Possibile che anche quel libro fosse sparito? Stavo impazzendo o cosa?
Persa nei miei pensieri non badavo a chi mi veniva incontro e finii con lo sbattere il naso sul petto di qualcuno.
«Mi scusi tanto. Sono davvero sbadata» nel pronunciare quelle parole ebbi un deja-vu. E mi tornò in mente la donna che incontrai venerdi sera. Era l'autrice di Dream's captain! Come avevo fatto a non riconoscerla?
Alzai lo sguardo per scusarmi col malcapitato, ma mi si fermò il respiro. Era il tipo che avevo incontrato la mattina al cafè. Mi guardò intensamente e io non riuscii a spiccicare parola, incapace di fare altro a parte perdermi nel verde di quegli occhi.
Poi successe qualcosa di incredibile.
«Gioia...» mormorò emozionato.
Spalancai gli occhi, mettendomi le mani sulla bocca. Era il nomignolo con cui mi chiamava Edward.
«E... Edward...»
«Sì, gioia, sono io» disse abbracciandomi forte e baciandomi con ardore.
«Ma come è possibile? Oddio.. non ci credo. Sono giorni che credo di impazzire e non vorrei fosse tutto un sogno»
«No, non lo è. Sono qui e sono reale. Oh, Bella, quanto mi sei mancata. Sai, stamattina quando ti ho vista, ho avuto l'impressione di averti già conosciuta, ma non ricordavo dove e quando. E adesso che mi sei comparsa davanti, ecco che finalmente sembra essere tutto chiaro. Finora avevo vissuto come se la mia anima fosse stata nel Seicento, come se avessi vissuto la vita di un altro. E adesso che ti ho trovata, mi sento al mio posto. Un po' come se tu mi avessi portato indietro. Per te questo ha senso?»
«Sì, assolutamente. Ma ti ricordi che è successo?»
«Sì, tutto»
«Allora dovresti ricordare di avermi detto, una volta, che non ti sentivi parte di quel mondo. Evidentemente era così, non credi?»
«Già. Sono felice che ci siamo ritrovati»
Emozionati e innamorati, ci avviammo verso la nostra nuova vita, la nostra personale avventura. Alla fine, Patricia, che fosse una maga o altro da quello che avevo intuito, aveva ragione. L'avventura era davvero la mia vita.

Patricia

Finalmente potevo dire missione compiuta!
«Ottimo lavoro, Patricia. Siamo fieri di te» mi disse Erin, trasformando il mio ciondolo in una farfalla di pietre di vari colori.
«Adesso sei uficialmente un'elfa con pieni poteri. Usali sempre con saggezza»
«Certo, grazie» risposi emozionata e felice.
Diedi un piccolo sguardo al futuro di quei due giovani che mi avevano conquistata e sorrisi felice per loro.





Nota: Ho fatto una piccola ricerca su internet e ho letto che il 2 settembre del 1666 ci fu un grande incendio che bruciò la maggior parte di Londra. Nell'articolo che ho letto diceva che i morti, per quanto sembri strano, furono soltanto 16. In un altro articolo, invece, diceva che le vittime erano moltissime. Ora, io non so quale delle due sia giusta (probabilmente la seconda), ma dato che per la storia mi faceva comodo, ho preso in considerazione l'ipotesi delle 16 vittime. Il momento della giornata in cui è scoppiato l'incendio è stata scelta mia, dettata sempre da necessità "letteraria". Infine, ho aggiunto di mio anche l'eclissi di sole per rendere più credibile Bella agli occhi di Edward.
Scusate la precisazione, ma ci tenevo a spiegare. =)